Un altro settembre

Sono le 17:40, circa. Dietro di me l'edificio dove tutti i giorni trascorro 8 ore della mia vita. Cinque giorni su sette. Un quarto della mia vita, almeno quella lavorativa. Se considero i giorni delle ferie e quelli festivi scendo ad un quinto. Comunque non è poco. Per quello cerco di stare bene là dentro, anche se non sempre è facile. L'organizzazione lascia desiderare, per non utilizzare qualche espressione più marone. Non tutti i colleghi sono piacevoli e collegiali. Il lavoro è spesso noioso e ripetitivo. La cosa buona è che almeno lo stipendio è sempre regolare. Non è altissimo, ma si può contare con sicurezza su questo mio unico introito. È la contropartita per il tempo trascorso dentro. Ci sarebbero molti che se la passano molto peggio di me. Qualche volte, alla fine della giornata mi sento tranquillo e realizzato. Si è fatto qualcosa fuori del solito, oppure si è avuto un rapporto umano con una persona. Oggi non è questo caso. Non è andata molto bene. Dovevo finire un compito ma per i problemi organizzativi tutto è andato storto. La documentazione che dovevo esaminare non era pronta, ma il capo ha chiesto come mai non ho prodotto quello che dovevo. Gli dovevo spigare che senza mattoni è impossibile costruire la casa. Un concetto chiaro a tutti, ma non a lui.


Lasciamo perdere. Adesso sono fuori. Mi sento giù, ma non riesco a capire esattamente perché. Ultimamente, questo mi succede spesso. Le faccende giornaliere che si svolgono in quel edificio non mi fanno aumentare o abbassare lo stipendio, ripeto a me stesso. Fregatene! Strano come la parte razionale sembra sempre sottoposta a quella emozionale. Devo fare qualcosa per migliorare la giornata. A due cento metri c'è un bar. Mi piace perché è nascosto a quelli che escono dall'edificio. Non mi piace farmi vedere. Entro dentro e saluto il proprietario. Ci conosciamo già abbastanza bene. Passo qui 2 o 3 volte al mese. Posto è di quelli a basso livello ed è proprio questo che mi attira. O così, oppure di lusso, esclusivo. Ma questi ultimi sono molto meno diffusi e nella zona dove lavoro io non ci sono. Inoltre si spende tanto e la mia paghetta mensile non può sopportare un tale carico. Qui la birra in bottiglia costa soltanto 3 euro. Io sono amante di quella a spina; mi sento più popolo così. Purtroppo non sai mai cosa ti servono. Così da qualche anno bevo soltanto quella imbottigliata.


Entro dentro, prendo il prodotto dal frigo, mi avvicino al banco e pago. Chiedo anche un bicchier. Una volta adoravo la sensazione che avevo inclinando la bottiglia per far scorrere il contenuto nella bocca. Anche questo con anni è cambiato. Il bicchiere mi fa sembra il liquido contenuto più gradevole. Scambiamo anche due parole, all'inglese, sul tempo. Esco nel cortile e mi siedo su una sedia di plastica, mal ridotta. Verso metà del contenuto e prendo il primo sorso. La giornata sta per migliorare. Tiro fuori l'attrezzatura dalla borsa e la poggio sul tavolo. Apro il pacchetto, tiro fuori la sigaretta, l'accendo. Inizio a rilassarmi. Il sole è ancora alto, ma le ombre hanno iniziato a prolungarsi. In questo periodo del giorno i colori si accendono e diventano più accesi. Poche nuvole bianche che navigano nel cielo completano il quadro. Bello stare fuori e guardare in alto. 


Un altro tiro ed un altro sorso. Il 5% della sostanza principale che si trova dentro il drink inizia a sentirsi. Il mondo appare più roseo. Davanti a me un fabbricato nuovo di zecca. Bianco e nero (in un altro campo, non sono i miei colori preferiti). L'architettura molto semplice ma ben riuscita. Ne so qualcosa a proposito: sono di mestiere. Davanti l'area verde estesa. Due alberi centenari, con le chiome notevoli. L'autunno si sta avvicinando e c'è già qualche foglia gialla. Questo migliora ulteriormente l'impressione fornendo uno spettro affascinante. Il contenuto della bevanda si è dimezzato. Il bicchiere è diventato doppio del necessario, direbbe un ingegnere. Un'altra sigaretta. In questa strada passa poca gente; soltanto quelli che abitano. Tanti sono con gli occhi a mandorla. Non danno molto nell'occhio. Gente tranquilla che lavora. In questo quartiere ci sono tanti locali che gestiscono loro.


È l'ora di partire. Ho detta a casa che questa settimana sono molto impegnato e che probabilmente verro più tardi a casa. Non è la verità, ma nemmeno una bugia. Ieri, per esempio, sono tornato alle otto in quanto ho lavorato, sul serio. Anche oggi ricapitava che preparavano quell'elaborato in tempo utile. Visto che non è successo, son qui. Saluto il proprietario e mi indirizzo verso la metropolitana. Ci metto dieci minuti per raggiungere il treno e dopo mezz'ora per arrivare nel paese dove vivo. Alla fine ci sono un quarto d'ora a piedi per arrivare a casa. Il mio pensiero viene stimolato dal mio stomaco: cosa ci sarà per la cena? Anche oggi sopravvivrò!

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